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Per i figli si va contro tutto!

"I mafiosi sono pupi. Fanno gli spavaldi solo con chi ha paura di loro, ma se si ha coraggio di attaccarli e demolirli diventano vigliacchi. Non sono uomini d'onore ma pezze da piedi". (Serafina Battaglia)

Il 9 Aprile 1960, a Godrano, viene ucciso il marito di Serafina Battaglia, Stefano Leale. Stefano era un commerciante e un mafioso che da poco era stato cacciato dall'organizzazione criminale mafiosa "Cosa nostra". Dopo questo tragico evento, Serafina sprona il figlio Salvatore a vendicare il padre, così Salvatore decide di uccidere i due boss mafiosi di Alcamo Filippo e Vincenzo Rimi, ma questo piano fallisce e Salvatore viene ucciso dai due boss il 30 gennaio 1962. Serafina incontra il giudice Cesare Terranova, unico giudice a voler collaborare con lei poiché gli altri avevano il timore di andare contro la mafia, e racconta tutto quello che conosce. Per l'omicidio del figlio vengono condannati Salvatore Maggio, Francesco Miceli e Paolo Barbaccia. Dopo 9 anni, nel 1971 la Corte di cassazione annulla la condanna. Nel 1979 un nuovo processo porta all'assoluzione dei fratelli Rimi per insufficienza di prove. Serafina continua a lavorare per fermare la mafia, anche se era abituata a sottostare alle sue regole. La morte del figlio la spinge al cambiamento: "Mi hanno tolto mio figlio. Finché mi avevano tolto mio marito, non avevo detto niente, ma mio figlio è sangue mio, e io devo reagire". Anche se non riesce a trovare nessun avvocato che prenda le sue difese, continua a parlare degli omicidi legati alla mafia e di come questa organizzazione svolga traffici illeciti fra le famiglie di cui le aveva parlato il marito.

Serafina viene così chiamata dai giornalisti "la vedova della lupara". La Battaglia al giornalista Mauro De Mauro, tra l'altro rapito da Cosa nostra nel 1970 e mai più ritrovato, dichiara: "Mio marito era un mafioso e nel suo negozio spesso si radunavano i mafiosi di Alcamo, mi confidava tutto e perciò so tutto. Se le donne dei morti ammazzati si decidessero di parlare così come faccio io, non per odio o per vendetta ma per giustizia, la mafia in Sicilia non esisterebbe più da un pezzo...".

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