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  • Nicole Capece

Terremoto in Turchia: in memoria dei bambini

Aggiornamento: 2 mar 2023

Su molteplici edifici distrutti dalle violente scosse di terremoto, che hanno avuto inizio lo scorso 6 febbraio, hanno continuano a infierire ulteriori scosse. Ad Hatay, uno dei centri più colpiti, sui palazzi distrutti sono stati posti dei palloncini rossi. L’idea è stata promossa e messa in atto del fotografo Ogün Sever Okur e dai volontari dell’Associazione dei bambini Ogün Abi che hanno deciso di seguire il progetto. I volontari si arrampicano sui resti delle abitazioni della città e legano i palloncini rossi ai rottami che spuntano dai muri e dalle strutture ormai distrutti. Il progetto “Il mio ultimo regalo ai bambini” si pone come obiettivo di ricoprire di palloncini rossi le macerie di tutta la città. “Abbiamo fondato la nostra associazione dopo la campagna che abbiamo avviato per raggiungere i bambini. Normalmente, organizzavamo attività per i bambini malati e bisognosi. Stiamo appendendo palloncini in nome dei bambini che qui hanno perso la vita. Ogni pallone qui rappresenta un bambino“, ha dichiarato Ogün Sever Okur. “Stiamo cercando di mantenere viva la memoria di questi bambini. Vorrei che potessimo distribuire loro questi palloncini. Sfortunatamente, abbiamo perso molti dei nostri figli. Abbiamo in programma di appendere questi palloncini ovunque si sia perso un bambino“, ha continuato. Secondo l'ultimo resoconto fornito dalle autorità locali, il numero delle vittime accertate in Turchia è salito a 41.156.

La situazione più critica sembra essere, però, in Siria dove gli aiuti faticano ad arrivare e dove le persone senza casa sono centinaia di migliaia. Al momento gli sfollati sono costretti a vivere in condizioni disastrose nei centri temporanei presenti nelle zone colpite dal terremoto, ma i rifugi sono troppo affollati e non ci sono servizi igienici adeguati, né acqua pulita per tutti. Tutto ciò aumenta il rischio di nuove epidemie di colera. Una delle situazioni più critiche si registra ad Aleppo, dove in alcuni rifugi oltre 150 persone, comprese donne e bambini, sono costrette a condividere un unico bagno.



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