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Immagine del redattoreGiorgia Russo

21 marzo: giornata della memoria delle vittime di mafia- Un tributo alla giustizia e alla legalità

Il 21 marzo è il giorno in cui si ricordano tutte le vittime di mafia. L'iniziativa nasce dalla rete Libera, fondata da Don Luigi Ciotti. Questo giorno speciale parte dal dolore della madre di Antonio Molinaro, una delle vittime all'attentato del giudice Falcone. Durante la prima commemorazione di quell'attentato, la madre di Molinaro rimase colpita dal fatto che solo il giudice Falcone e sua moglie Francesca Morvillo furono esplicitamente nominati, mentre la sua scorta venne menzionata come un gruppo inanimato e anonimo. Questo episodio fece capire l'importanza di ricordare tutte le persone che hanno perso la vita per la giustizia. Perciò, dal 1996, nel corso di questa giornata e ogni anno in una città italiana diversa, viene organizzato un corteo per le vie per commemorare le vittime della mafia in cui vengono pubblicamente declamati i loro nomi. La scelta di questa data non è casuale: la prima giornata di primavera simboleggia un impegno a lungo termine. Difatti è proprio in primavera che si gettano i semi che andranno poi coltivati con passione e fatica affinché diano frutto, come spiegato proprio da Don Luigi Ciotti nel suo libro intitolato "L'amore non basta" ,pubblicato nel 2020.


LA LEGGE

Il primo marzo 2017, con voto unanime della Camera dei Deputati è stata approvata la proposta di legge che proclama e riconosce il 21 marzo come "Giornata della Memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie".



EROI, VITTIME E SPERANZE


Libera ha scritto nel registro delle vittime 1081 nomi, dal 1861 al 2024. In quest' elenco sono compresi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi nel 1992 nelle stragi di Capaci e Via D'Amelio. Uomini che hanno dedicato la vita alla lotta contro la mafia, cercando ostinatamente di ripulire dal marcio la nostra società; entrambi ricoprirono un ruolo fondamentale nel maxiprocesso che portò alla condanna di molti mafiosi siciliani. Sono stati a tutti gli effetti "eroi in toga". Oltre a loro, emerge anche Peppino Impastato, che ha deciso di parlare e di mettersi a contare uno ad uno i 'cento passi' che distavano da casa a sua a quella del boss di Cinisi, da lui soprannominata "Mafiopoli". Atto che ha lanciato apertamente la sua sfida alla mafia incidendo nella pietra il suo insegnamento: la mafia uccide, il silenzio pure". Non può non essere menzionato, accanto a giudici e civili, l'impegno anche di sacerdoti che non hanno accettato che la gente del proprio quartiere si piegasse alle regole della mafia e dell'omertà. Tra questi l'autore del celeberrimo documento "Per amore del mio popolo non tacerò" Don Peppino Diana, letto in chiesa durante l'omelia del giorno di Natale, e Don Pino Puglisi che si è adoperato per la costruzione di centri, come il centro "Padre Nostro" , al fine di allontanare i bambini dalla strada e dalle cattive ma troppo facili influenze. Entrambi ci hanno rimesso la vita, sacrificandosi per piantare dei germogli di speranza a Casal Di Principe e Brancaccio. Le vittime includono anche i ragazzi che sono attratti dalla 'strada' sin dalla più tenera età: incominciando con spaccio, rapine e minacce sperando poi di scalare le gerarchie dei clan, ma di fatto solo mere pedine che, quando non servono più, vengono gettate via o uccisi ancor prima da un clan nemico. E poi ci sono i bambini, colpevoli di nulla, uccisi solo perché i genitori non possono permettersi di pagare un pizzo troppo alto o perché i genitori hanno fatto l' "imperdonabile" scelta di collaborare con la giustizia, come è accaduto al piccolo Giuseppe Di Matteo ucciso in modo atroce, strangolato e sciolto nell'acido dopo 779 giorni di prigionia. Per loro dobbiamo sempre stare dalla parte del giusto e combattere per la legalità perché  la mafia non smetterà di esistere, finché persiste un sistema basato sull'omertà.













































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