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  • chiaraalfano

Solo il 6% delle tigri del Bengala vive in libertà

Aggiornamento: 1 ago 2021

La tigre del Bengala è una sottospecie di tigre che riesce a sopravvivere con meno di 2500 esemplari in tutto il mondo


La Panthera tigris tigris, detta anche tigre del Bengala, vive nelle zone del Nepal, della Birmania, del Bangladesh, del Tibet e del Bhutan. Anche se in India è considerato un animale sacro, non è stata sufficientemente protetta e per questo motivo è uno degli animali in via di estinzione più a rischio. La tigre del Bengala può raggiungere una lunghezza di 150-180 cm, esclusa la coda, la quale può arrivare anche a misurare un metro, mentre il suo peso corporeo raggiunge i 110-225 kg, sebbene il peso e la lunghezza di una specie o di una sottospecie dipendano molto dal clima e da vari fattori ambientali. Inoltre molto interessante è che alcuni individui di tigre del Bengala, a causa del fenomeno di leucismo, una forma di albinismo, nati da esemplari portatori del gene recessivo, hanno il pelo bianco a strisce nere.

Anche se questa sottospecie vive principalmente in India, si sono trovati anche alcuni gruppi di tigri totalmente isolati a causa di una frammentazione dell'habitat. Grazie a vari censimenti condotti dai governi che fanno parte del "programma di recupero di tutte le sottospecie di tigri" (Global Tiger Recovery Program), si è scoperto che la popolazione delle tigri del Bengala conta meno di 2500 individui e che nessuna sotto popolazione supera i 250 esemplari.

Ma perché la tigre del Bengala è in pericolo di estinzione?

Ci sono tre motivi fondamentali:

  1. il degrado del suo habitat, causato dalla deforestazione selvaggia di molti ettari di foreste e praterie per aumentare la produzione agricola;

  2. il bracconaggio e il commercio illegale di tigri, che hanno causato la devastazione di zone perfettamente abitabili per questi felini;

  3. le comunità locali che riescono a sopravvivere grazie al bestiame e, di conseguenza, se vedono tigri aggirarsi nei loro dintorni, non esitano ad ucciderle perché temono che i grossi felini possano attaccare il loro bestiame.

Ma cosa si può fare per aiutare le tigri del Bengala?

Secondo il Global Tiger Recovery Program i governi devono porre fine al bracconaggio, proteggere le comunità locali e preservare e curare gli habitat per le tigri.

Ho scelto la trattazione di questo argomento, perché, secondo me, è giusto che tutti noi capiamo che le azioni che compiamo hanno una conseguenza sull'ambiente e sugli animali, in questo caso la tigre del Bengala, ma possiamo ricordare anche altre specie come la balenottera, il gatto selvatico, il delfino e molti altri. Tutti animali, questi, che, prima che l'uomo diventasse avido di terre da conquistare e di ricchezze da possedere, vivevano in pace e prosperavano, mi piace pensare, felici sulla terra che ospita tutti noi esseri viventi, benché l'uomo ami considerarsi signore e padrone di tutto il mondo. Tuttavia, è indispensabile cambiare questo atteggiamento insieme ad uno stile di vita fondato finora solo sul consumo e la distruzione dell'ambiente, dal momento che l'uomo sta morendo, in un processo di autodistruzione insieme a tutto l'ecosistema, come dimostrano le catastrofi recenti avvenute in Germania, i roghi in Sardegna, in Sicilia ed in Turchia, nei quali stanno bruciando case, animali, boschi e "polmoni d'Italia e del mondo intero". Ma è ancora possibile porre rimedio ai danni perpetrati a partire dagli anni '50 del '900 dai paesi industrializzati fino ad oggi, ricorrendo a scelte economiche "green" e cominciando a sentirci tutti parte della natura e non sovrani!

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