Piazza della Libertà
Per non dimenticare la guerra in Ucraina
Passeggio nella Piazza della libertà della mia città, tra le alte colonne e le luci che la illuminano in questa notte cupa. Cammino
girando intorno a me stessa più volte e nella mia mente scenari di guerra si rincorrono impetuosi.
Quanto sta accadendo nell'ultimo mese mi sembra inverosimile, immagini che compongono il mio libro di storia ora prendono vita come allora e io non riesco a non pensare all'incapacità umana d'imparare dai propri errori. Guardare questa enorme piazza e sentirmi così piccola ma al contempo così libera in questo spazio immane risveglia in me un senso di colpa verso quei poveri abitanti di Kharkiv che una Piazza della libertà o meglio che la libertà non hanno più.
Macerie. Dove un tempo c'era storia, c'era vita, c'erano bambini che si rincorrevano felici, ora solo macerie. Persone che fuggono accompagnate da sirene che non cessano mai di suonare. Un'esplosione poi un'altra e un'altra ancora.
Sangue. Urla di gente disperata, corpi lacerati sui bordi dei marciapiedi, strade imbrattate di rosso, cariche di angoscia.
Lacrime. Lacrime di gente che fugge, madri che hanno perso i propri bambini, gente, che si ripara nelle metropolitane come quella di Kiev.
Scenari. Scenari che mi riportano alla mente l'orrore di quanto accadeva durante la seconda guerra mondiale, immagini di gente che si riparava nella metropolitana di Londra, persone ammassate con il solo calore dei propri corpi attaccati l'uno con l'altro.
Immagini, che prima erano in bianco e nero, ora le vediamo a colori come se niente fosse, come se passasse quasi inosservato dalla maggior parte della gente che non vive lì in Ucraina, come se a nessuno importasse dei diritti umani, come se fosse solo una questione che non ci riguarda.
Perché: "La libertà è come l'aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare." Così diceva Pietro Calamandrei ed è la pura verità: per quanto sia brutto prenderne coscienza, fin quando sotto quella metropolitana gelida, con il cuore in frantumi, le gambe tremolanti e il sangue sulle mani non ci saremo noi, non capiremo il vero valore della vita.
Zelenskij, il presidente dell'Ucraina, resta vicino al proprio popolo nonostante la possibilità di fuga data dagli Stati Uniti.
È rintanato in un bunker con la sua famiglia, temendo ogni giorno per le loro vite. Nel suo ultimo discorso al parlamento europeo, nonostante il suo mantenere un certo decoro, dai suoi occhi traspariva un dolore immenso scalfito nel profondo. Chiedeva aiuto perché solo questo può fare, chiedeva aiuto perché era stanco di vedere la propria gente morire e lo è ancora tuttora.
Tutti sperano che questo orrore finirà, ma quanti fanno qualcosa di concreto affinché accada? E’ possibile fare qualcosa di concreto affinché accada?
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