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Meno spazio all’immaginazione più spazio all’esibizione!

Un movimento che parte dalle ginnaste tedesche e che coinvolgerà tutto il mondo: no ai body, basta sessualizzare le donne


“Ogni ginnasta dovrebbe essere in grado di decidere con quale tipo di abito si sente più a suo agio”, queste sono le parole della ginnasta tedesca Elisabeth Seitz. Quest’ultima fa parte della squadra femminile che ha partecipato alle Olimpiadi di Tokyo 2020 in tuta. “Meno spazio all’immaginazione, più spazio all’esibizione”: questo è lo slogan. Le ginnaste e le atlete, nel mondo, portano avanti questa battaglia, per far scomparire le penalità subite durante le loro esibizioni. Spesso bisogna indossare body attillati e molto sgambati. Questi ultimi, in molti casi, devono essere utilizzati senza biancheria e, oltre ad essere scomodi, possono mettere a disagio chi li indossa. Spesso molte ginnaste, non volendo, si ritrovano scoperte e per non subire penalità, ovvero la rimozione di punti, continuano a gareggiare in una situazione di disagio. Le tute utilizzate coprono il corpo fino alle caviglie e trasmettono tranquillità a chi gareggia, evitando attenzioni sessuali non desiderate. La prima volta che sono state indossate è stato in Svizzera, durante i campionati di Basilea. Già allora la Federazione internazionale di ginnastica aveva autorizzato ad indossare abiti che coprissero le gambe e tutte le braccia o solo metà. Come unica regola, dovevano rispettare i colori del body originale.

Durante gli Europei a Varna, Bulgaria, 1500 euro di multa sono stati addebitati alla squadra femminile di pallamano norvegese, che si è rifiutata di indossare i bikini tradizionali, che avevano sostituito con pantaloncini corti. La decisione portata avanti dalla squadra tedesca è, comunque, di indossare tute e non body alle Olimpiadi. Tale decisione è stata approvata ed appoggiata dagli allenatori della Federazione Tedesca di ginnastica.


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