Libero contro tutti
Libero Grassi fu un imprenditore siciliano nato il 19 luglio del 1924 a Catania, da una famiglia antifascista che riuscì a far ereditare anche a lui una posizione contraria al partito di Mussolini. All'età di 8 anni si trasferì a Palermo rimanendo nel capoluogo siciliano fino al 1942, quando giunse a Roma per studiare Scienze Politiche proprio durante gli anni della terribile Seconda Guerra Mondiale. Entrò poi in seminario e infine, tornato a Palermo, studiò giurisprudenza. Successivamente diede vita ad un'industria tessile. Purtroppo, però, ad un certo punto della sua carriera, cominciò ad avere diversi problemi con la sua fabbrica ovvero la Sigma. A causa di ciò, infatti, fu subito preso di mira da "Cosa Nostra", iniziando a subire le richieste del cosiddetto "pizzo" , a cui si oppose. Cosa Nostra è un'organizzazione criminale di tipo mafioso presente in Italia, soprattutto in territorio siciliano e in più parti del mondo. Come detto in precedenza, egli trovò il coraggio di opporsi alle richieste di soldi da parte di questi criminali, i quali gli avrebbero promesso una "protezione", attraverso una lettera personale che fu poi trasmessa e pubblicata ben 30 anni fa sul Giornale di Sicilia:
«Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere. Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al "Geometra Anzalone" e diremo no a tutti quelli come lui.»
Questa cosa fece molto arrabbiare l'organizzazione criminale, la quale si sentì sfidata per la prima volta da un comune cittadino. Grassi vide i suoi dipendenti della fabbrica voltargli le spalle come se quelle persone già sapessero delle conseguenze che ci sarebbero state in seguito a quel suo folle gesto, dato che, oltre a far questo, denunciò alla polizia i nomi precisi di coloro che lo avevano minacciato. Nell'aprile del 1991, l' imprenditore definì "scandalosa" la sentenza del giudice catanese Luigi Russo che sostenenva che non era reato pagare la "protezione" ai boss mafiosi.
Il 29 agosto del 1991, alle sette e mezza di mattina, venne ucciso a Palermo con quattro colpi di pistola mentre si recava a piedi al lavoro. Una grande folla prese parte al suo funerale, tra cui l'allora presidente della Repubblica Cossiga. Il figlio Davide sorprese tutti alzando le dita in segno di vittoria mentre porta la bara del padre. Non mancarono le polemiche, tra chi sostenne fin dall'inizio la battaglia dell'imprenditore e chi non prese le sue difese. La moglie dell'imprenditore si impegnò fino alla fine nella lotta contro Cosa Nostra, pur avendo ricevuto anche lei delle minacce. Venne, poi, nominata senatrice. Un mese dopo la morte di Libero, Maurizio Costanzo e Michele Santoro gli dedicarono una lunga trasmissione condotta a reti unificate su Rai 3. Ancora oggi, però, noi lo ricordiamo come un eroe che trovò il coraggio di sfidare un'organizzazione criminale molto potente. Non pensò due volte alla sua decisione, mostrando alla gente che la mafia si può combattere anche solo con le parole; avrà pure perso una battaglia, ma non la guerra!
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