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  • chiaraalfano

Le vittime "dimenticate"

Aggiornamento: 4 lug 2022

Oggi, 23 maggio 2022, si ricorda l'attentato mafioso compiuto da Cosa Nostra a Capaci avvenuto 30 anni fa, che provocò la morte del magistrato Giovanni Falcone, della moglie e della sua scorta. Pochi mesi dopo, il 19 luglio 1992 in via D'Amelio (Palermo) , morirono Paolo Borsellino e la sua intera scorta, uccisi anch'essi dalla mafia.


Generalmente quando parliamo di mafia e di vittime della mafia non pensiamo mai alle persone che hanno perso la vita a causa di una bomba, mentre passeggiavano con le loro famiglie, o alle scorte dei magistrati, che spesso sono composte da uomini e donne molto giovani. Proprio per queste ragioni, ho deciso di scrivere un articolo sulle vittime della mafia "dimenticate".

È il 23 maggio 1992, ore 17:57, il magistrato Falcone con la sua scorta di tre auto è in viaggio sull'autostrada A29, a pochi chilometri da Palermo. Improvvisamente una bomba, pari a 500 kg di tritolo, esplode.

Quel giorno ci furono 5 morti e 23 feriti. Nella prima auto blindata morirono Antonio Montinaro di 30 anni, Rocco Dicillo coetaneo di Montinaro, e Vito Schifani di soli 27 anni; Nella seconda autovettura persero la vita Falcone e la moglie Francesca Morvillo, l'autista Giuseppe Costanza, invece, riuscì a sopravvivere. Nella terza non ci furono vittime, ma furono feriti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.


Il 19 luglio, invece, alle ore 16.58 una Fiat 126 contenente 90 kg di tritolo esplose presso l'abitazione della madre del giudice Borsellino. Quell'esplosione provocò la morte di sei persone: lo stesso Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Tra le vittime vorrei soffermarmi su Emanuela Loi, prima donna a far parte di una scorta e prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio.

Recentemente, in un'intervista dai toni quasi amichevoli, Pif ha incontrato la sorella della bella e giovane Emanuela. A differenza di Pif, triste e commosso, la sorella della vittima ha ricevuto l'uomo e il pubblico televisivo con il sorriso e l'allegria di chi sente l' estinto ancora vivo in sé. Infatti, ha fatto entrare Pif nella casa paterna, mostrando subito la camera di Emanuela, che conserva intatta, con gli arredi secondo la moda dell'epoca e tante foto della sorella, che amava la fotografia. In quelle immagini Emanuela sorride al suo fotografo ed alla vita, che alla fine degli anni Ottanta immaginava meravigliosa e piena di progetti. Allora era la sorella di Emanuela, divenuta poi bancaria, a voler svolgere il mestiere di poliziotta, mentre Emanuela voleva diventare maestra. Così entrambe sostennero diversi concorsi ed Emanuela fu quella che conseguì un punteggio altissimo nel concorso di polizia. Da quel momento fu una poliziotta felice ed orgogliosa del suo lavoro, anche e soprattutto quando entrò a far parte della scorta di Borsellino. Il giudice, vedendo una ragazza così giovane, si meravigliò della sua presenza e le disse che avrebbe dovuto proteggere lui la sua poliziotta, la quale aveva quasi l'età dei suoi figli. La giovane, tra un turno e l'altro, si recava spesso a casa, ma non parlava mai alla famiglia del suo lavoro, seguendo le regole della divisa. Perciò, quel giorno terribile della strage, quando si seppe la notizia alla tv, la sorella, che era in vacanza, non immaginava che tra i caduti ci fosse anche la sorella. Fu la fine dei sogni di Emanuela, che aspirava a una carriera in polizia, fu la fine della gioia del padre, che era orgoglioso di avere una figlia poliziotta - come diceva sempre a tutti i suoi concittadini - e che morì di dolore poco dopo, ma non fu la fine di questo rapporto tra sorelle, che continua ancora nei ricordi della viva. Per lei, Emanuela non è mai morta. Spesso si reca al cimitero, sulla tomba della sorella che reca un'immagine bellissima della donna in divisa, in mezzo all'acqua, simbolo di vita. Infatti, ella rappresenta un esempio di dedizione allo Stato e un modello di donna per tante ragazze, che hanno deciso, in seguito, di seguire il suo stesso percorso.

Il suo sorriso sembra uscire dalle foto e rimanere immortale, a differenza dei volti di Totò Riina e di tanti altri delinquenti mafiosi, cupi e tristi, incapaci di comprendere la bellezza della vita piena di valori ed onestà.





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