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La verità dietro l'omicidio Attanasio e Iacovacci

Oggi, 25 febbraio 2021, alle 9.30 si sono celebrati i funerali di Stato per l'ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci, 43 e 30 anni, uccisi in Congo da due colpi di pistola ciascuno. Ma cosa è veramente successo il 22 febbraio del 2021?

Una strada presso il villaggio di Kikumba, vicino Goma, due auto con all'interno una l'ambasciatore, il carabiniere Iacovacci e un funzionario italiano DEL WFP, nell'altra una missione del WFP (World Food Programme). L'ambasciatore era, infatti, stato invitato dal WFP, il quale ha dichiarato che la strada era stata controllata e sarebbe stata sicura anche senza scorte di sicurezza. Sono all'incirca le 10.15 (9.15 ore italiane) quando arrivano i banditi che, sparando dei colpi in aria per fermare le auto e dopo aver ucciso l'autista, costringono i passeggeri a scendere dai veicoli e ad inoltrarsi nella savana selvaggia. Secondo questa versione ufficiale del governo del Congo, successivamente sarebbero intervenuti i soldati, allertati dai colpi di arma da fuoco e durante la sparatoria l'ambasciatore Attanasio e il carabiniere Iacovacci, colpiti dai proiettili, perdono la vita. Ci sono anche altre ipotesi: alcuni affermano che forse i due siano stati colpiti durante il rapimento, altri affermano che i banditi li abbiano uccisi mentre tentavano la fuga. Un'altra ipotesi è stata esclusa dall'autopsia, ovvero che i due uomini siano stati uccisi durante un'esecuzione, quindi il loro omicidio non era stato precedentemente organizzato, come molti ritengono. Tuttavia, l'ombra di una sparatoria programmata aleggia su tutta questa terribile vicenda, poiché le bande sembravano già conoscere i due uomini e quel giorno le auto dell'ambasciatore erano prive delle scorte, il che è molto strano perché in quella strada qualche anno fa vennero rapiti dei ragazzi europei. Anche attraverso alcune testimonianze si può confermare ciò appena detto. Infatti, un testimone afferma: "E' una cosa molto strana, voglio dire era l'ambasciatore, credo che avesse dei privilegi".

Ricerche per capire quello che è accaduto il 22 febbraio sono in corso. E' interessante il racconto di Leone, l'italiano dell'ONU scampato ai rapitori insieme ad un padre saveriano, Franco Bordignòn, amico fraterno dell'ambasciatore Attanasio. Attanasio e Iacovacci sono tati trascinati nella boscaglia, Attanasio è stato colpito da tre proiettili, Iacovacci da uno o due, mortali. Leone è corso a chiedere soccorsi, essendo rimasto illeso; l'ambasciatore è arrivato all'ospedale di Goma, dove è morto, dopo 50

minuti, un tempo lunghissimo dopo il suo ferimento.

Oggi si sono celebrati i funerali dell'ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci nella basilica di Santa Maria degli Angeli. Al funerale hanno assistito anche i presidenti della Camera e del Senato, vari ministri e rappresentanti di partiti per esprimere vicinanza alle famiglie delle vittime. Colpiscono le parole del parroco di Limbiate, il paese di cui era originario l'ambasciatore, definito un vero amico e una persona buona e gentile, così come commuovono le parole degli amici del giovane carabiniere, che svolgeva con orgoglio e dedizione il lavoro che aveva scelto.

I due italiani hanno trovato nel Congo la morte, ma l'ambasciatore aveva trovato l'amore per un popolo in gravi difficoltà sottoposto a violenze e soprusi da parte di bande armate. Egli voleva aprire una sede del consolato a Goma. Rimarranno impressi in tutti noi lo sguardo gentile ed il sorriso di questo ambasciatore e del suo carabiniere, ma ancor di più l'apertura che Attanasio aveva manifestato nei confronti di altri popoli ed altre culture. Non è un caso che l'amico missionario lo definisca "un forte credente", con una missione umana e cristiana e che, nello stesso tempo, la comunità musulmana esprima il suo cordoglio per l'ambasciatore considerato fratello ed amico. Forse, al di là della religione, quest' uomo aveva fede negli uomini, nella loro possibilità di incontrarsi e dialogare, superando pregiudizi e barriere, creando ponti di pace tra culture e valorizzando la diversità.

Speriamo che noi giovani possiamo continuare a coltivare questo suo sogno, a seguire modelli come quelli dell'ambasciatore e del carabiniere, che indossava con tanta dignità la sua divisa, e che possiamo ricordare nei nostri progetti di lavoro e di vita futuri che l'Africa è parte del mondo e che non deve essere dimenticata.

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