La storia dell'innocente portinaio, Piero Carpita
Un uomo innocente, vittima della piaga che da anni affligge l'Italia
di Anna Chiara Mazzariello e Andrea Poto
Oggi, 21 marzo, viene celebrata la Giornata Nazionale della memoria e dell'impegno, istituita per la prima volta nel 1996, in onore delle numerose vittime delle tante associazioni criminali mafiose, che da molto tempo provocano timore e terrore all' interno del nostro paese. Tra coloro che sono stati colpiti in modo particolare da queste associazioni malavitose, ricordiamo con tanto dolore la storia dell'umile portinaio lombardo Luigi Carpita.
Era il 15 settembre del 1990 ed era un caldo sabato pomeriggio. Luigi, portinaio di un palazzo situato a Bresso, alla porte di Milano, aveva appena terminato il suo turno e, come d'abitudine, si stava recando presso un bar poco distante dal suo luogo lavoro. Il locale, posto all'angolo della strada, era affiancato da un barbiere, uomo di fiducia del boss 'ndraghetista Franco Trovato. In quegli anni la piazza di spaccio del comune di Bresso e nelle zone circostanti non era controllata solamente dalla 'ndragheta, ma veniva anche contesa dal clan camorrista di Salvatore Batti.
Purtroppo i continui scontri e le continue tensioni tra i due clan portarono Batti a decidere di liberarsi del suo rivale. Mandò nella strada, nella quale si trovava l'innocente Piero, alcuni uomini armati, i quali, esplodendo dei colpi d'arma da fuoco, colpirono involontariamente il portinaio e con lui un settantenne che si trovava nel bar, uccidendoli istantaneamente. Ai tempi la figlia di Carpita aveva solamente quattro anni e dunque non poté vivere molti momenti felici con il padre, un padre che non ha quasi conosciuto. Ancora oggi ricorda nel suo cuore il dolore di questa triste e dolorosa perdita e spesso preferisce evitare di parlare degli avvenimenti accaduti in passato.
Negli anni successivi entrambi i boss vennero arrestati e Piero Carpita, insieme al settantenne Luigi Recalcati, nel 2016, finì nella lista delle persone innocenti uccise dalle associazioni mafiose, mentre a Bresso in una targa vennero incisi i nomi delle due incolpevoli vittime.
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