La giornata mondiale degli oceani
Aggiornamento: 30 set 2021
Entro il 2050 nel mare ci saranno più plastiche che pesci
L’inquinamento da plastica coinvolge da anni i mari, gli oceani e le specie che in essi vivono. La plastica fa parte della nostra vita quotidiana ed è contenuta in moltissimi dei prodotti e degli imballaggi che usiamo ogni giorno.
Negli ultimi 65 anni ne sono state prodotte 8300 milioni di tonnellate.
La plastica non correttamente riciclata si accumula come scarto a terra e in acqua e finisce in seguito in mare. Da tempo si cerca di sensibilizzare tutti sul tema della plastica nei mari e negli oceani e sul tema delle microplastiche che danneggiano anche la salute della popolazione mondiale. Ciò che viene evidenziato è che gli oceani e i mari garantiscono la vita sul nostro pianeta. Inoltre, anche dal punto di vista economico, grazie alla blue economy, l’oceano dà lavoro oggi a milioni di esseri umani. Invece, noi lo stiamo distruggendo con questa indiscriminata gestione dei rifiuti. Le plastiche arrivano in mare trascinate a valle dai fiumi ed a questa si aggiunge l’abbandono di rifiuti sulle spiagge.
Basti pensare che ogni anno nel mar Mediterraneo finiscono 570mila tonnellate di plastica ed almeno 250 miliardi sono i frammenti di plastica in mare.
Anni ed anni di questa cattive abitudini e sprechi hanno condotto alla situazione odierna. Ci sono, infatti, delle aree degli oceani dove si accumulano quantità di plastiche così grandi da coprire la superficie di intere nazioni e da ricevere il nome di isole di plastica galleggianti.
Sono sei i punti sulla Terra dove si accumulano queste “creazioni umane” definite orrori della natura: Grande Pacifico, Sud Pacifico, Nord Atlantico, Sud Atlantico, Oceano Indiano, Mar Artico.
Le plastiche comuni non sono biodegradabili in alcun modo. Col tempo e l’usura si sfarinano creando microplastiche, non visibili all’occhio umano ma comunque dannose specialmente per l’alimentazione. Un tempo si pensava erroneamente che comunque la natura potesse assorbire e biodegradare il contenitore abbandonato sulla spiaggia vent’anni prima, ma da tempo, invece, è stato dimostrato che il contenitore abbandonato sulla spiaggia non è scomparso perché si è disintegrato sotto l’effetto dell’azione incessante delle correnti, creando le microplastiche che vengono ingerite anche dai pesci. Assecondando questo ciclo alimentare, anche noi ingeriamo microplastiche.
Grazie a questa continua sensibilizzazione, sempre più paesi stanno correndo ai ripari vietando l’utilizzo delle plastiche monouso. Sarebbe, però, necessario passare alla raccolta sistematica delle plastiche nei mari e procedere al loro corretto smaltimento. Le numerose iniziative di pulizia degli oceani nelle zone costiere, organizzate da imprese e da associazioni ambientaliste dovrebbero servire da stimolo ai paesi del mondo per effettuare tutto ciò in modo sistematico.
Per questo motivo, in occasione dell’Anniversario della Conferenza Mondiale su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro per ricordare a tutto il mondo l’importanza degli oceani, l’8 giugno di ogni anno viene celebrata la Giornata Mondiale degli Oceani.
Era l’8 giugno 1992 quando a Rio de Janeiro i rappresentanti di tutti i paesi del mondo si riunirono per discutere sullo stato ambientale. Questa riunione, però, assunse il carattere di celebrazione annuale globale soltanto 16 anni dopo con la delibera dell’assemblea generale ONU del 2008, seguita nel 2009 dall’inaugurazione vera e proprio dell’evento con il tema: “I nostri oceani, la nostra responsabilità”.
Con il passare degli anni questo evento ha assunto sempre più importanza grazie alla maggiore importanza che i paesi hanno rivolto ai problemi marini. Il tema scelto per quest’anno è stato "Vita e mezzi di sussistenza" ed è stata una giornata importante perché ha sancito l’inizio del Decennio sulla scienza oceanica per lo sviluppo sostenibile 2021-2030. Ecco, quindi, che l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’agenda 2030 si ripropone di conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine. Con questo traguardo in mente, le organizzazioni impegnate nella tutela degli oceani chiedono di proteggere almeno il 30% degli oceani entro il 2030 (con la Campagna “30×30”). Sulla creazione di aree marine protette si potrebbe fare, infatti, molto di più.
L'UE ha già preso posizione dichiarando guerra alla plastica e attuando provvedimenti per ridurre l'inquinamento da plastica con nuove restrizioni severe sui prodotti di plastica monouso.
La parola d’ordine per ridurre il consumo della plastica è riciclare. L’Italia, sotto questo aspetto, sta facendo molto. Il più importante contributo al recupero della plastica è dato dalla raccolta di imballaggi e di alcuni prodotti usa-e-getta (ad es. bicchieri e piatti di plastica) da parte di comuni aziende produttrici e impianti di trattamento rifiuti. A livello europeo, il nostro paese si colloca al terzo posto dopo Germania e Spagna (entrambe al 48%) e in linea con l’obiettivo di riciclo di almeno il 50% dei rifiuti da imballaggio in plastica entro il 2025, come previsto dal nuovo pacchetto sull’economia circolare dell’Unione Europea.
Io credo che con un piccolo sforzo da parte di tutti ce la potremmo fare, partendo dalla vita di tutti i giorni e facendo un po' più di attenzione a ciò che compriamo e a ciò che dobbiamo smaltire. Soprattutto sarebbe fondamentale non considerare il nostro pianeta come una grande pattumiera!
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