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La classe IA intervista i dottori Ferrara e Indinnimeo sui temi della paura e del coraggio

di Michelle Giliberti e Benedetta Vitolo


Dott. Ferrara, cosa significa l’acronimo DIA?

L’acronimo DIA sta per Direzione Investigativa Antimafia, la sede si trova a Salerno e ha competenza su tutta la provincia.

Dott. Indinnimeo, Lei è giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Salerno. In cosa consiste il suo lavoro?

Sì, io ho svolto il ruolo di giudice per le indagini preliminari e il giudice per le udienze preliminari, due cose diverse tra di loro ma racchiuse nella stessa persona.

L'acronimo GIP sta ad indicare chi emette le ordinanze cautelari, quindi sostanzialmente chi decide quali persone devono scontare una pena e quali no. Quando ci sono gravi situazioni, si occupa del controllo su tutte le indagini preliminari che svolgono i pubblici ministeri, decide se disporre o meno le intercettazioni telefoniche, le intercettazioni ambientali ... insomma tutto ciò che spesso si vede anche ai notiziari e nei vari programmi TV. Poi ci sono le funzioni di GUP, che si occupa dei processi, quindi decide chi è responsabile di un reato e chi invece deve essere assolto. Questa è in poche parole l'attività che viene svolta.


Dott. Ferrara, Lei pensa che la camorra possa essere sconfitta?

Sì, le criminalità organizzate sono un fenomeno umano ed in quanto tali possono essere sconfitte dallo Stato, come diceva il dottor Falcone, la vera domanda è quando. Questo noi non possiamo saperlo, ma una cosa è certa, si possono sconfiggere.


Dott. Indinnimeo, Lei ritiene che la pena abbia davvero una funzione di rieducazione del condannato come stabilisce la Costituzione?

L’obiettivo dovrebbe essere quello, ovvero la rieducazione del condannato. Ciò si ottiene con una serie di strumenti di sostegno all’interno del carcere che favoriscono il reinserimento sociale perché, quando la pena finisce, quel cittadino dovrebbe essere in grado di riaggregarsi alla società. In concreto, però, è sempre un discorso di risorse, di capacità dello Stato di poter oggettivamente dare alle direzione e al personale del carcere delle strutture in grado di poter favorire questa rieducazione. Io in alcuni casi l’ho rinvenuta, in altri meno. Ad esempio, mi sono occupato di un brutto omicidio avvenuto a Salerno e, dopo molti anni, ho incontrato l’omicida. Lo trovai molto meglio, ingrassato, si era sostanzialmente ripreso, si stava per diplomare e mi disse che gli strumenti all’interno del carcere funzionavano. Quindi, anche in questo caso, interessa la persona che riesce o meno a rieducarsi.


Dott. Ferrara, quando si lavora per tanto tempo in una città, ci si sente poi in pericolo a lavorare nella città stessa?

Io non ho mai avvertito questo sensazione di vero e proprio percolo, ma non posso comunque sottacere che delle volte ho provato un senso di profondo disagio nel trovarmi in esercizi commerciali con un soggetto che avevo arrestato. Ma nonostante questa sensazione, non affatto piacevole, sono riuscito a convivere con questo disagio perché, come si diceva prima, l'importante è imparare a "governare" le proprie emozioni senza lasciare che esse prendano il sopravvento sulle nostre azioni.


Dott. Indinnimeo, nell’esercizio della sua funzione talvolta lei deve ordinare l’arresto di persone accusate di aver commesso crimini. Cosa prova in quei momenti in cui deve decidere di togliere la libertà a quegli individui?

La paura di sbagliare spesso attanaglia il giudice poiché, nel momento in cui emette un ordinanza cautelare, sa che, al di là dell’aspetto strettamente formale, va ad incidere in modo irreversibile sulla vita delle persone. È, infatti, risaputo che ci saranno forze di polizia che faranno irruzione a casa di questi individui di mattino presto o nel corso della notte, faranno delle perquisizioni e ciò comporterà un danno non solo per l'imputato ma anche per tutta la famiglia e soprattutto per i bambini, che non c'entrano assolutamente in quanto è accaduto. Inoltre, voglio evidenziare anche i rischi che devono correre le forze dell'ordine coinvolte durante l'eseguimento di questi arresti. Parlandovi delle mie esperienze personali, durante i vari interrogatori c'è molto timore di aver sbagliato qualcosa, ma soprattutto la paura aumenta durante i processi quando bisogna dare all'imputato una pena oppure assolverlo.

Ma una cosa che ci tengo a sottolineare è che la paura non deve mai prendere il controllo su di voi, bensì deve essere vista come un elemento che favorisce la ponderatezza delle persone, per cui bisogna saperla gestire ed incanalarla in modo tale da avere il coraggio di prendere una qualunque decisione.


Qual è l’aggettivo che descrive al meglio le vostre attività?

Dott. Ferrara: Per me meraviglioso.

Dott. Indinnimeo: Bella domanda, io credo che appagante sia l'aggettivo che più si addice.


Avete mai preso in considerazione la possibilità abbandonare il vostro percorso di studi durante i periodi di difficoltà?

Dott. Ferrara: Sì, ho avuto spesso questa paura, ma ho cercato di affrontarla e, solo così facendo, sono arrivato dove sono ora e sto parlando con voi.

Dott. Indinnimeo: Ogni giorno provo questa paura, quella di fallire. Ricordo come fosse ieri l'ansia che avevo nel dare il mio esame orale. L’ansia da prestazione provata in quel momento non l'ho mai superata e tuttora in ambito professionale la provo spesso.


Avete mai stimato qualcuno che riveste la vostra stessa carica a tal punto da voler somigliare a lui?

Dott. Ferrara: Sì, certamente. Ho avuto la fortuna di avere qualche maestro a cui mi sono ispirato e che a volte ho cercato di imitare.

Dott. Indinnimeo: Sì, sicuramente. Per me, essendo un magistrato, è facile fare riferimenti particolarmente aulici, e il mio modello di magistrato è da sempre Paolo Borsellino, anche se risulta essere un esempio inarrivabile. Poi, nel corso della professione, lavorando sul campo, si incontrano tanti magistrati bravi ai quali si cerca sempre d’ispirarsi e di imitare.


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