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Greta Thunberg dona 100000 euro all’OMS per i vaccini ai Paesi poveri

La donazione di Greta per consentire a tutti di vaccinarsi contro il covid-19


Leggiamo quotidianamente i numeri dei vaccini inoculati giorno dopo giorno sperando che raggiungano al più presto la soglia che ci consentirà di riprendere la nostra vita, quella prima della metà di marzo del 2020, che sembra un’altra vita, vissuta da altre persone, un’altra realtà. Sentiamo i telegiornali dei più importanti network mondiali parlare della sfida nella quale è impegnato l'intero pianeta per uscire definitivamente da questa “moderna peste”: vaccini, cure, messa in sicurezza dei soggetti fragili, degli anziani sono argomento unico delle nostre conversazioni. Ascoltiamo anche l’inevitabile rincorrersi di voci sugli aspetti economici collegati al Covid e a ciò che è necessario per venirne fuori. Non mancano i riferimenti quotidiani ai contratti per l’acquisizione di Pfizer, Astrazeneca, Moderna, J&J, alla produzione dei vaccini, ai loro effetti collaterali, ai possibili rischi di morte. Prendiamo atto dei numeri della loro distribuzione in Unione Europea, in Gran Bretagna, nei paesi dell’Europa dell’Est, in Asia, negli Stati Uniti. Chiudiamo gli occhi nella speranza che il mondo ritorni alla normalità, ma la mente si sofferma sul perimetro del nostro mondo e sulla capacità dei paesi più ricchi di trascinare quelli più poveri fuori dal tunnel.

L’Africa, ad esempio, è il continente dal quale provengono minori notizie sugli effetti del Covid 19; molte nazioni sono poverissime, prive di un governo stabile, di una stampa libera e con un prodotto interno lordo risibile, incapaci di qualsiasi contrattazione per l’acquisto dei sieri per il contrasto del coronavirus. Non sono riuscito a comprendere se l' Occidente abbia messo sul tavolo dei rispettivi Governi (e in Europa il governo dell’Unione) questo tema, se ci saranno acquisti per poi prevedere delle forniture gratuite anche a queste popolazioni oppure se anche la pandemia sarà un ulteriore esempio della assenza di qualsiasi coerente distribuzione di risorse tra i paesi del mondo. Proprio oggi i notiziari ci hanno messo a conoscenza di una nuova strage di migranti in cerca di libertà e di una nuova vita affogati nel nostro mare Mediterraneo senza soccorsi.

Non possiamo girarci dall’altra parte; prima o poi il rigurgito di disperazione di questi paesi diventerà uno tsunami capace di travolgere il nostro egoismo. In Europa vediamo la luce in fondo al tunnel; è nostro compito accendere questa luce anche per i paesi maggiormente in difficoltà. E' nostro dovere di cittadini osservare i nostri rappresentanti nella gestione anche di questa emergenza ed orientare poi le nostre scelte politiche anche sulla base di queste importanti azioni. Il principio di solidarietà che deve essere fondamentale pilastro nei rapporti tra le Nazioni non può andare a diverse velocità ponendo quale suo sostegno la reciprocità; solidarietà non è reciprocità, ma è proprio la capacità di offrire senza alcuna retribuzione, soprattutto quando si parla di vite umane.

E il fatto che sia stata Greta Thunberg a dover dare soldi con la sua fondazione ai paesi poveri, utilizzando l’Organizzazione Mondiale della Sanità, pur essendo un gesto encomiabile non è un bel segnale. Una fondazione che sostituisce gli Stati dell’Unione e gli USA nell’azione di sostegno di altri paesi più sfortunati, non mancando ovviamente di pubblicizzare la notizia, evidenzia le carenze delle nostre azioni di politica estera con la consueta ispirazione al principio del “si salvi chi può” che è l’antitesi del concetto dello stare insieme universale spesso declamato in dorate tavole rotonde preelettorali.

E' questo un concetto di mondo il cui perimetro è davvero ristretto, un mondo che garantisce un’uscita dalla pandemia solo per popolazioni elette sulla base dei loro capitali.


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