Giustizia per Stefano Cucchi
Aggiornamento: 6 set 2021
La storia contorta di un giovane ragazzo che ha perso la vita
di Luigi Indinnimeo e Pasquale Lambiase
La morte di Stefano Cucchi avvenne il 22 Ottobre 2009 a Roma. Ancora oggi il caso della morte di Stefano Cucchi è contorto ma negli ultimi anni la verità sta uscendo a galla grazie alla confessione di Francesco Tedesco che ha fatto luce sulla verità da molti negata. Il 12 Ottobre 2009 il geometra trentunenne fu visto dai carabinieri cedere ad Emanuele Mancini sostanze stupefacenti in cambio di banconote. Subito dopo fu portato in caserma, venne perquisito e i carabinieri notarono che Stefano possedeva altri tipi di droghe. Il 6 Novembre 2009 vennero trovati 925 grammi di hashish e 133 grammi di cocaina nell'appartamento del geometra. Successivamente, però, durante il processo alcune persone notarono che Stefano avesse difficoltà a parlare e a camminare. Dopo l’udienza le condizioni già precarie del ragazzo peggiorarono ulteriormente: venne portato al pronto soccorso e si riscontrarono lesioni in tutte le parti del corpo. Per Stefano venne consigliato il ricovero che, però, il giovane rifiutò e decise di ritornare in carcere. Nei giorni successivi, a causa dell’aggravarsi delle sue situazioni, venne ricondotto al reparto detenuti dell’ospedale dove poi all’alba del 22 Ottobre morì. Il 13 Dicembre 2012, durante il processo, la corte stabilì che la morte di Stefano fosse avvenuta a causa degli agenti di polizia penitenziaria che lanciarono il ragazzo per terra procurandogli lesioni al torace e infierendo, poi, con calci e pugni. Oltre a loro vennero condannati quattro medici dell’ospedale di Roma ad un anno e quattro mesi per omicidio colposo (ovvero non intenzionale) ed un medico ad otto mesi per falso ideologico.
Il 23 marzo 2018 si aprì un nuovo processo durante il quale il sostituto procuratore generale Mario Remus chiese il "non doversi procedere" nei confronti dei medici, richiesta che preludeva ad un loro proscioglimento in sede penale, ma successivamente un colpo di scena cambiò l'iter processuale: nell'udienza dell'11 ottobre 2018, il PM rese nota la denuncia presentata da Francesco Tedesco, che aveva indicato Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, due carabienieri, come gli autori del pestaggio. Alla luce della nuova testimonianza e ribaltando l'iniziale svolgimento del processo, con la sentenza emessa in data 14 novembre 2019, la Corte di Assise di Roma riconobbe i carabinieri scelti Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro colpevoli di omicidio preterintenzionale, condannandoli a 12 anni di reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Con la stessa sentenza del 14 novembre 2019, i giudici assolsero perché il fatto non sussiste la dottoressa Stefania Corbi e dichiararono il non doversi procedere nei confronti del primario Aldo Fierro e dei medici Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo.
E' di pochi giorni fa, il 7 maggio 2021, l'ultimo atto del caso Cucchi. E' stata emanata la sentenza d'appello: le pene comminate ai carabinieri sono state leggermente più severe; i colpevoli, infatti, sono stati condannati a 13 anni di reclusione per l'omicidio preterintenzionale. Questo, naturalmente, non sarà l'atto conclusivo perchè gli avvocati degli imputati hanno già anticipato il ricorso in cassazione.
La famiglia Cucchi si è intanto dichiarata "felice" della sentenza che ha visto la verità dimostrata con la condanna dei colpevoli dell'omicidio di Stefano; in particolare la sorella Ilaria, che ha portato la vicenda alla notorietà mediatica, non avendo mai accettato il modo in cui il fratello era morto, è riuscita a dare giustizia alla memoria del povero geometra, che aveva sì sbagliato ad assumere sostanze stupefacenti ed a venderle, ma che non meritava di morire, tantomeno in modo così crudele.
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