Giuseppe Jona: medico ma anche eroe da non dimenticare
Chi è stato Giuseppe Jona?
Giuseppe era il quarto di cinque fratelli e nacque da una famiglia ebraica il 28 ottobre 1866. Nel 1892 si laureò in medicina e nel 1895 iniziò a collaborare con l'Ospedale Civile di Venezia con Luigi Paganuzzi. Nel 1901, dopo la morte di quest' ultimo, Giuseppe prese il suo posto nella direzione dell'Ospedale Civile e nel Gabinetto Batteriologico. Durante il periodo in cui il ragazzo svolgeva questi due incarichi scrisse anche molteplici pubblicazioni specialistiche. Nel 1901, inoltre, Jona riuscì ad ottenere la libera docenza all'Università di Padova e un anno dopo divenne primario dell'Ospedale Civile di Grosseto. Purtroppo pochi mesi dopo venne chiamato di nuovo a Venezia e nel 1905 divenne primario dell'Ospedale Santi Giovanni e Paolo, mentre nel 1911 superò il concorso per diventare primario della divisione medica. Nel 1917 offrì servizio militare come consulente medico-legale durante la Prima Guerra Mondiale nella battaglia di Caporetto e ricevette il titolo di "patriota entusiasta di fede incrollabile". Fu Presidente dell'Ateneo Veneto tra il 1921 e il 1925 e anche socio dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti.
Nel 1938, con l'introduzione delle leggi razziali, Giuseppe Jona venne cacciato dall'ospedale e umiliato in quanto ebreo, ma non si arrese. Soprannominato il "medico dei poveri", infatti, la notte aiutava gli ebrei nascosti nelle case cristiane e quelli che non volevano rinunciare alle sue cure mediche anche dopo il suo licenziamento. Il 16 giugno 1940 venne incaricato come Presidente della Comunità Ebraica di Venezia e, anche se non praticante, non si tirò indietro e costruì una nuova scuola per i bambi cacciati dalle loro scuole, poiché ebrei.
Anche dopo l'8 settembre 1943, decise di rimanere a Venezia per aiutare tutti gli ebrei che non volevano o non potevano scappare.
Successivamente, le autorità tedesche gli chiesero la lista d tutti i nomi degli ebrei rimasti ancora a Venezia, ma Jona decise di distruggere ogni documento e di lasciare i suoi beni a opere sociali. Tre giorni dopo si tolse la vita. Fu un gesto estremo, che compì sicuramente per non cedere, forse, sotto tortura, confessando i nomi degli ebrei che vivevano nel Ghetto di Venezia, un tempo accettati dalla comunità, come a Roma e in tante parti d'Europa, prima che divampassero l'odio antisemita e le persecuzioni contro questo popolo.
La storia di questo medico ebreo è a molti ignota, ma bisogna diffondere questa testimonianza, soprattutto in un'epoca in cui i testimoni della Shoah e tanti anziani purtroppo non ci sono più e non abbiamo, quindi, la possibilità di ascoltare i loro racconti e riflettere con loro.
Perciò, Giovanni Jona, così come molti altri eroi che hanno combattuto il nazismo, non deve essere dimenticato, perché come dice B. Brecht: "La matrice che ha partorito il mostro è ancora feconda". Infatti il razzismo, l'odio per lo straniero, l'antisemitismo, il desiderio di un uomo forte che risolva tutti i problemi ed elimini i diversi, sono sempre vivi, come dimostrano gli episodi ai quali assistiamo ancora, alle scritte nazifasciste, ai lager presenti ancora nel modo, ai tentativi di negare che la Shoah sia esistita. E' importante ricordare queste persone che si sono sacrificate per salvare la vita dei perseguitati dal regime nazifascista e degli ebrei, perché, se si ha la memoria "corta", queste atrocità possono ripetersi e, di fatto, si stanno ripetendo con i migranti nei campi libici o quelli abbandonati in mare da chi sostiene che non si debbano accogliere. In un momento di crisi sono saliti al potere Hitler e Mussolini, due pazzi che hanno bruciato l'Europa grazie all'indifferenza e all'omertà di tanti che facilitarono la loro opera.
Ricordare Giovanni Jona significa ricordare a tutti l'umanità che è in ciascuno di noi, che deve spingerci a aiutare gli altri nei momenti difficili, come questo che stiamo vivendo adesso, dominato dalla paura della malattia e dalla paura dell'altro, in cui possono emergere caos e follia e certi errori della storia, forse, possono ritornare, seppure in forme diverse e nuove.
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