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Dalle baracche di Villa Fiorito fino al tetto del mondo

Diego Armando Maradona è stato con certezza tra i personaggi più noti ed influenti del XX secolo e la sua fama ha sconfinato il perimetro del calcio e dello sport ponendosi quale figura influente a tutti i livelli sino ad arrivare ad avere rapporti privilegiati con i principali leader dei paesi sudamericani, con il Papa e con i potenti del mondo.

Fin da piccolo le sue doti tecniche e funamboliche già evidenti sui campi polverosi delle “favelas” argentine, lo avevano reso noto in tutto il paese come un vero prodigio; già dai primi anni di carriera queste doti furono confermate scalando a passi da gigante tutte le competizioni argentine. Sebbene nel 1978 avesse solo 18 anni, era già nel team della nazionale argentina che vinse il mondiale disputato nello stesso paese negli anni in cui era oppresso da un regime militare con a capo Jorge Rafael Videla.

Ben presto la realtà sudamericana si rivelò troppo stretta per le doti di Diego Armando Maradona che si trasferì in Europa dove si disputavano i campionati calcistici di massimo livello mondiale. La sua carriera continuò per due anni a Barcellona dove confermò le sue doti tecniche, ma senza stabilire un “feeling” con la Spagna anche a causa di un grave incidente che lo costrinse ad un delicato intervento chirurgico.

La parabola calcistica di Maradona trovò il suo naturale compimento in Italia ed in particolare a Napoli le cui condizioni economiche e sociali si avvicinavano di molto a quelle del suo paese d’origine; divenne ben presto la bandiera di Napoli e del Sud che aveva scelto quale palcoscenico della sua carriera preferendola alle squadre del Nord molto più ricche ed abituate a vincere. Per Napoli e per il sud Maradona divenne ben presto il simbDiolo del riscatto che ribaltava le posizioni consolidate di superiorità delle realtà economiche del settentrione d’Italia portando una squadra “minore” a traguardi sportivi e calcistici mai raggiunti a Napoli ed in tutta l’Italia meridionale.

I primi anni del percorso calcistico di Maradona a Napoli non furono semplici; il Napoli Calcio era una realtà mediocre nel panorama nazionale, ma questo non dissuase Maradona a persistere nel suo obiettivo di rilancio della squadra e della città di Napoli. Arrivato a Napoli nel Luglio del 1984 accolto da 80.000 persone accorse allo stadio San Paolo, che a breve prenderà il nome di Diego Armando Maradona, nel giro di pochi anni portò il Napoli ai vertici della classifica della Seria A conducendo la squadra alla vittoria del primo scudetto della sua storia nel Maggio del 1987. Un anno prima, nel 1986, a città del Messico, Maradona aveva condotto la nazionale alboceleste alla conquista del titolo mondiale in un paese che si era finalmente affrancato dal regime militare compiendo l’ennesimo riscatto del suo popolo. In una epica partita contro l’Inghilterra è racchiusa la storia di un campione. Il Regno Unito solo pochi anni prima aveva sconfitto l’esercito argentino per il predominio di un piccolo isolotto di nome Malvinas, territorio d’oltremare del Regno Unito; in quella partita sono sintetizzate le due principali caratteristiche del Maradona calciatore: il primo goal fu segnato dall’oramai famosa “mano de Dios” un colpo di genialità misto a scorrettezza con la quale ribaltava idealmente il predominio militare che l’Inghilterra aveva avuto in guerra. Il secondo goal è invece da tutti considerato il goal più bello del secolo durante il quale il “Pibe de oro”, come ormai era chiamato il calciatore argentino, dribblava la gran parte dei calciatori inglesi sino ad entrare in porta con la palla, esempio della sua tecnica e destrezza con quel giocattolo che lo aveva portato dai campi polverosi di Villa Fiorito fin su alla vetta del calcio mondiale

Negli anni successivi il Napoli Calcio, avvalendosi anche della notorietà di quello che era considerato oramai il calciatore più forte di sempre, divenne una realtà consolidata del calcio nazionale ed europeo conducendolo alla vittoria di un titolo quale la Coppa Uefa, conquistata a Stoccarda, in Germania, la nazione europea più ricca di migranti napoletani e meridionali. Maradona ha, infatti, più volte rimarcato che le vittorie conseguite a Napoli per lui sono state le più belle perché festeggiate tra la sua gente a differenza della vittoria del mondiale in Messico, a migliaia di chilometri dal suo pubblico argentino.

Da quel momento, ci troviamo negli anni novanta, il Maradona calciatore non aveva più stimoli a Napoli avendo vinto tutto il possibile; ingabbiato da contratti miliardari e da un amore viscerale che non consentiva alla società Calcio Napoli di vendere un idolo dei tifosi, Maradona fu facile preda dei “mali oscuri” di Napoli. Circuito dalla camorra, divenne via via più schiavo della cocaina e della vita notturna della città ai piedi del Vesuvio che lo avevano oramai limitato notevolmente nelle sue doti fisiche.

Il colpo di grazia che decretò la fine della parabola calcistica di Maradona fu il mondiale che si tenne in Italia nel 1990 dove la nazionale di calcio italiana era considerata la migliore del panorama calcistico mondiale. Il gioco del destino ed una improvvida organizzazione dei gironi portarono a disputare la semifinale tra Italia ed Argentina nello stadio San Paolo di Napoli dove l’Italia trovò un clima tiepido, se non ostile: Maradona seppe benissimo toccare le corde dei tifosi napoletani che venivano vilipesi in tutti gli stadi italiani e che ora chiedevano l’aiuto in un momento di difficoltà contro il beniamino che, invece, in quegli stessi stadi li aveva condotti alla vittoria contro tutto e tutti.

L’argentina vinse ai calci di rigore e giocò la finale a Roma in quello che era stato lo stadio delle “Notti Magiche” rubando la scena alla nazionale di calcio italiana; i tifosi italiani fischiarono l’inno argentino ancora scottati dalla sconfitta di qualche giorno prima ed in diretta televisiva Maradona li insultò. Da quel momento il campione argentino divenne la persona più odiata d’Italia e fu gioco facile trovarlo positivo a sostanze stupefacenti negli anni in cui i controlli anti-doping si facevano più stringenti. Fu divulgata una intercettazione telefonica in cui Maradona parlava con gli esponenti del clan Giuliano, la principale famiglia camorristica del centro cittadino. Il beniamino dei tifosi fu costretto a fuggire notte-tempo lasciando a Napoli problemi irrisolti con il fisco che divennero successivamente insanabili e che costrinsero Maradona stesso a non poter tornare in Italia liberamente per la paura di ripercussioni giudiziarie o salate multe.

Intanto la carriera calcistica di Maradona volgeva al termine e dopo brevi stagioni al Siviglia e nel Newell’s Old Boys la sua carriera terminò con il mondiale negli USA del 1994 dove un Diego Armando Maradona di nuovo in gran forma, dopo alcune brillanti prestazioni, fu trovato positivo all’efedrina, una sostanza inalatoria anch’essa con caratteristiche dopanti; fu, quindi, squalificato a vita e si ritirò dal calcio.

Tutti i suoi detrattori che non avevano potuto sconfiggerlo sul campo ebbero la loro rivincita infangando la memoria di un calciatore che, di certo, non aveva bisogno di sostanze stupefacenti per migliorare le proprie prestazioni. Successivamente la vita di Maradona si è trascinata tra alti e bassi, scontando problemi di salute dovuti alla sua vita dissoluta, che lo costrinsero alle cure rianimatorie, alternate a ritorni sulla scena calcistica sino ad allenare la nazionale argentina senza purtroppo i risultati attesi.

Parallelamente la vita di Maradona si snodava tra i capi di stato sudamericani tra cui Fidel Castro a Cuba e Chavez in Venezuela e trasmissioni televisive di successo. In qualche rara occasione tornò anche nella “sua Napoli” che gli tributò quel saluto che non aveva potuto esprimere su un campo di gioco. L’affetto dei tifosi napoletani ma anche dei tifosi del “bel calcio” non si era per nulla interrotto; anche quella antipatia dovuta alla sconfitta della nazionale di calcio era uno sbiadito ricordo.

Intanto il mito di Maradona era ormai diffuso in tutto il globo colpendo in particolare i cuori dei bambini poveri del Sud del Mondo per i quali la sua storia simboleggiava la possibilità che chiunque, anche nella più lontana periferia, con il gioco di una semplice palla potesse ribaltare un destino segnato dal luogo di nascita: per tutti coloro che erano in cerca di riscatto Maradona significava la speranza che a nessuno fosse preclusa questa possibilità.

Per gli argentini e per i meridionali, in particolare i napoletani, Maradona era diventato una leggenda vivente, il ricordo di un passato fatto di vittorie e di successi che difficilmente saranno ripetibili. A Napoli il nome di Diego Armando Maradona era oramai accostato a quello del santo protettore, San Gennaro, l’unico napoletano che potesse tenergli testa.

È di pochi giorni fa la notizia della scomparsa di Maradona a seguito di un intervento al cervello e alle sue complicanze cardiovascolari. Tutto il mondo ha tributato al campione argentino il giusto riconoscimento per un percorso di vita che lo ha portato per qualche decennio ad essere tra le persone più influenti del mondo; in particolare per chi ha vissuto quegli anni memorabili la sua scomparsa ha segnato la fine di un’epoca, quella della spensieratezza e della gioia di vivere, che con un semplice pallone un ragazzo della periferia di Buenos Aires aveva regalato loro.

Le parole richiamate alla memoria da un grande allenatore quale Pep Guardiola a mio avviso spiegano meglio di ogni altre il ruolo di Maradona quale simbolo mondiale anche a chi, come me e come quelli della mia generazione non lo ha mai visto giocare né godere del suo spettacolo : “ Maradona è stato l’uomo della gioia e non importa cosa abbia fatto nella sua vita, ma ciò che ha fatto per le nostre”.



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