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  • chiaraalfano

Con Giulio fino alla verità

Le ricerche sulla morte di Giulio Regeni sono ancora in corso, ma nuove piste sono sorte.

Infatti, la professoressa di Cambridge Maha Mahfouz Abdelrhaman, che seguiva Giulio durante i suoi studi in Egitto, è indagata nella morte dello studente in seguito alla scoperta di una mail piena di rimorso per la morte di Giulio, inviata il 7 febbraio 2016 a una collega, nella quale diceva di aver mandato un giovane ricercatore verso la sua morte. Successivamente alla scoperta di questa mail, il PM evidenzia l'assenza "di volontà di contribuire alle indagini" da parte della docente dopo la scomparsa del suo studente. Ella avrebbe abbandonato Giulio e, pur avendolo incontrato in Egitto poco prima del suo rapimento, ha sempre negato ciò, sostenendo di aver perso di vista il ricercatore durante l'ultimo periodo della sua giovane vita. Certo, l'atteggiamento della docente è stato superficiale, perché ha mandato il giovane ricercatore a fare "ricerche sul campo", trascurando l'importanza e il pericolo che gli studi di Regeni potevano

rappresentare per il governo egiziano. Le ricerche di Giulio riguardavano, infatti, la condizione dei lavoratori ed il ruolo dei sindacati autonomi dopo la fase di Mubarak e chiamavano in causa il nuovo governo.

Fondamentale per capire il caso Regeni è chiarire il ruolo della Fondazione inglese Antipode, desiderosa di rovesciare il governo egiziano e disposta a finanziare la ricerca di Giulio. A paventargli la possibilità di questo finanziamento è la stessa professoressa e da questo momento il ragazzo diventa per il governo egiziano un sospettato "numero uno", da controllare e seguire. Tutto ciò è avvalorato anche dalla miniera di informazioni del computer di Giulio, infatti è stata trovata una mail da parte del ragazzo alla madre del 14 novembre 2015, in cui diceva che la Fondazione Antipode gli aveva finanziato le ricerche in Egitto con una quota di 10.000 sterline.

Oltre alla Fondazione Antipode, però, molto importante è la posizione dell'ex ministro degli Interni del governo di Al Sisi Magdi Abdel Ghaffar, il quale affermò che l'Egitto non conosceva Giulio Regeni, anche se mentiva, poiché gli apparati egiziani lo conoscevano al punto da seguirlo per interi mesi prima del suo sequestro. Non a caso, in seguito alla confessione di Mohammed Abdallah, un ambulante che registrò Giulio con le attrezzature fornite della NSA, si scopre che la notte in cui Giulio venne rapito e torturato nella sede della National security agency, i servizi segreti del Cairo, anche Ghaffar era presente. Inoltre, Abdallah continua raccontando che successivamente i servizi segreti lo hanno contattato per "la questione Regeni" e lo hanno portato alla caserma dell'NSA. Molto importante è il fatto che anche Ghaffar si trovava lì alle cinque di mattina, mentre presumibilmente torturavano Giulio. La domanda più ovvia è la seguente: perché si trovava lì Gahffar e cosa stava facendo? E ancora due testimoni affermano che il 28 o il 29 gennaio vedono Giulio andare nella stanza n°13, una stanza della tortura, che si trova all'interno della sede del Ministero degli Interni. Qui Giulio, secondo i testimoni, viene incatenato e torturato. Successivamente è lo stesso Ghaffar ad insabbiare le prove e la procura egiziana comunica a Roma che il rapimento di Regeni è una farsa e che il governo egiziano non conosce nessun Regeni.

Conosciamo bene i depistaggi successivi, la falsa notizia secondo la quale i segni sul corpo di Giulio sarebbero stati causati, per il governo egiziano, da un incidente o da una lite o da un sequestro ed ad arte vengono fatti ritrovare i documenti del nostro connazionale in casa di delinquenti. Resta nella memoria di tutti un corpo buttato per strada, senza vita, martoriato senza dignità. Ma la dignità gli è stata resa dalla Procura di Roma e dalle indagini che inchiodano i funzionari dell'NSA.


Come si comporterà ora il governo egiziano? Come gestirà il processo di questi uomini? Nei governi democratici la verità viene sempre fuori ed i colpevoli ricevono la giusta pena. Cosa accadrà in Egitto? Intanto in Italia il premier Giuseppe Conte afferma che "come governo continueranno ad operare tutti quei passi necessari per ottenere la verità". Il segretario del PD Nicola Zingaretti chiede, invece, "atti chiari e precisi".

Noi saremo vicini a Giulio ed alla sua famiglia, per Giulio e per ciò che egli rappresenta, la libertà, la voglia di contribuire con il suo lavoro a far luce sulle condizioni dei lavoratori e degli uomini. Giulio è morto da solo, noi ora saremo con lui e con tutti coloro i quali si trovano nella sua condizione in tante parti del Mondo in cui la giustizia non è uguale per tutti e i diritti umani vengono calpestati senza decenza!

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