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Borsellino: un uomo nella lotta per riconquistare la libertà


Ricordiamo la storia di uno dei più grandi esponenti della lotta contro la mafia


di Claudia Capece e Maria Festa


Paolo Emanuele Borsellino fu un giudice italiano, uno dei più importanti simboli della lotta contro la criminalità organizzata. Dopo essersi laureato in giurisprudenza, vince il concorso come magistrato, diventando il più giovane ad aver mai ricoperto questa carica. Iniziò la sua carriera sotto la guida di Chinnici, giudice istruttore che nel 1980 fondò il “pool antimafia”, un gruppo di cinque magistrati, che si sarebbero occupati esclusivamente del fenomeno mafioso, in modo da costituire un lavoro di collettività per poter avere una visione più ampia. Grazie al pool fu istituito il maxiprocesso di Palermo, noto come il primo grande processo contro la mafia: 342 furono le condanne tra cui decine di ergastoli. Il pool antimafia fu successivamente sciolto e Borsellino divenne Procuratore delle Repubblica a Marsala.



Prima di morire, fece un’ultima intervista dove dichiarava di essere ormai “condannato a morte” poiché era nel mirino di Cosa Nostra e molto difficilmente la mafia lasciava scappare le sue vittime designate. L’affermazione di Borsellino non era purtroppo errata. Il 19 luglio del 1992, subito dopo pranzo, si recò in Via D’Amelio, dove vivevano la sorella e la madre; alle 16:58 una Fiat 126, imbottita di tritolo, esplose al passaggio del giudice, uccidendo sia lui sia i cinque agenti della sua scorta. L’unico sopravvissuto fu Antonino Vullo, scampato alla strage perché stava parcheggiando uno dei veicoli della scorta.

Ai funerali privati, celebrati nella Chiesa di Santa Maria Luisa di Marillac, furono presenti circa 10000 persone; i familiari vollero rifiutare il rito di Stato perché la moglie incolpò il governo di non aver saputo proteggere al meglio il marito.

Successivamente alla morte di Borsellino si scoprì che lui stesso aveva chiesto la rimozione dei veicoli sotto l’abitazione della madre ma la domanda era stata inevasa.“La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità."

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