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32 anni dalla protesta di piazza Tienanmen

Aggiornamento: 6 set 2021

Era Il 4 giugno 1989, quando i carri armati dell'esercito cinese uccisero migliaia di manifestanti che chiedevano riforme democratiche ed economiche

Sono ormai passati 32 anni dalla protesta di piazza Tienanmen, dove l’esercito cinese uccise centinaia di manifestanti. Gli obiettivi più importanti erano due: la libertà dei media e una conversazione ufficiale fra autorità del partito e funzionari eletti dagli studenti.

Le proteste erano iniziate con la morte di Hu Yaobang, segretario del partito comunista, il 15 aprile dello stesso anno. All’inizio era una riforma pacifica: gli studenti organizzarono uno sciopero e decisero di occupare la piazza finché il governo non avesse soddisfatto le richieste. Il Partito censurò tutto con un editoriale di Deng Xiaoping, il nuovo segretario, e non agì militarmente. Questo fece arrabbiare gli studenti, che scesero in 50.000 per le strade trascurando il pericolo.

Tutto peggiorò il 4 maggio, quando 100.000 persone scesero in piazza a Pechino per protestare; il 13 maggio fu indetto uno sciopero della fame pur di incontrare i rappresentanti del governo. Il 3 giugno venne approvata la legge marziale che portò a una sospensione temporanea delle leggi in vigore. L’esercito iniziò a muoversi verso la piazza per poi aprire il fuoco sui manifestanti. Moltissimi persero la loro vita per difendere i loro diritti.

Dopo più di 24 ore di lotta, si assistette a un momento che ha fatto la storia: un solo uomo, con due sacchetti, attraversò la strada piazzandosi in mezzo, davanti ai carri. Quell’uomo, solo e impavido, contro l’esercito è diventato un simbolo della lotta per i diritti umani.


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